Una silhouette unica, occhi ipnotici e un taglio di capelli Louise Brooks, Valentina è una vera icona italiana. Magnifico personnagio dei fumetti, questa donna librera e indipendente continua ad affascinare i lettori. Senza dubbio Guido Crepax (1933-2003), il creatore di Valentina, ha provocato una piccola rivoluzione nel mondo grafico. Tanto che artisti come Alain Resnais e Frank Miller sono stati direttamente ispirati da queste famose avventure sensuali e fantastiche. Dalla sua scomparsa nel 2003, Antonio, Giacomo e Caterina Crepax ci hanno illuminato sul talento del padre. Oltre e Valentina, Guido Crepax ha saputo addatare fumetti capolavoro come Dracula, Frankenstein e « Il Processo » (1925) di Franz Kafka.

Intervista ai figili di Guido Crepax.

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Perché vostro padre ha creato Valentina la fotografa di moda?

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Creare una donna fotografa di moda come protagonista di un nuovo fumetto a metà degli anni Sessanta, era per lui il modo più innovativo e glamour di parlare di tanti argomenti che si stavano affacciando nel panorama culturale di quegli anni: l’emancipazione della donna che da casalinga entrava nel mondo del lavoro, la sua conseguente indipendenza economica rispetto all’uomo, il cinema, la fotografia appunto come mestiere ma anche come forma d’arte emergente. Inoltre gli permetteva di mettere in scena una nuova estetica, quella della Moda, soprattutto francese, con i suoi servizi fotografici, e della pubblicità, un mondo che conosceva bene per averci lavorato molti anni prima di approdare al fumetto. Ne imitava le pose e le situazioni, prendendo spunto dalle neonate eleganti riviste di moda. Da qui anche le prime foto più trasgressive di nudo dei grandi fotografi pubblicate su riviste di settore sulle tecniche fotografiche e i modelli di macchine di nuova produzione.

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Valentina è il connubio perfetto tra Louise Brooks e vostra madre. « Una giovane donna con gli occhi tristi ». Qual è il temperamento di Valentina? È una vera icona della moda?

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Come altri personaggi dei fumetti e della letteratura, Valentina ha una componente reale, autobiografica che deve molto a nostra madre Luisa. Oltre all’aspetto fisico, gli abiti, i sogni, alcuni tratti del carattere più timidi e riservati. Altri aspetti del carattere le derivano, invece, da nostro padre: l’impegno sociale, quello politico, la capacità di indignarsi, lo spirito libero, la lotta contro la censura e un curioso mix di timido esibizionismo. Per quanto riguarda l’ispirazione alla diva Louise Brooks, in un primo momento si è trattato solo dell’aspetto fisico. Poi, guardando i film di Louise Brooks, nostro padre ha scoperto anche notevoli affinità a livello caratteriale. Egli cercava un’immagine di donna molto diversa da quella che andava di moda in quegli anni: bionda, occhi azzurri, fianchi stretti e seno abbondante. Il fisico di Brigitte Bardot o di Ursula Andress. Cercava una donna che doveva avere una componente maschile (capelli corti, intraprendente e spregiudicata) e, nello stesso tempo, una giusta dose di femminilità (sia a livello fisico che spirituale). Questi aspetti del carattere apparentemente contraddittori convivono in Valentina grazie alla capacità dell’autore di scavare nella psicologia dei personaggi, di conoscere e rappresentare il suo lato femminile, come pure certi aspetti ombra del carattere. Valentina è inconsapevolmente una fashion icon, spontanea e naturale. Ha dentro di sé lo spirito del suo tempo ma anche il forte vento di rinnovamento che soffiava in quegli anni. Per questo oggi è ancora attuale e rappresenta uno spirito senza tempo di rinnovamento e libertà di espressione.

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Qual è il ruolo di Phil Rembrandt ?

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Inizialmente egli era il protagonista della striscia, nella sua doppia vita di Phil Rembrandt, il tranquillo critico d’arte, e Neutron, il supereroe che entra in azione di notte. Questo perché nostro padre, essendo all’esordio, preferiva rimanere nel solco della tradizione: con un uomo nel ruolo di protagonista e Valentina, la sua fidanzata, in un ruolo secondario, anche se dimostrando fin dall’inizio grande carattere. Poi, abbastanza rapidamente, Valentina è diventata la protagonista assoluta delle storie e Phil ha saputo ritagliarsi un ruolo secondario importante, di ex-supereroe che a poco a poco perde i suoi poteri ma ne acquisisce altri più legati alla riflessione che all’azione. Un uomo saggio che diventa il compagno fisso di Valentina e che la aiuta a capire il mondo e a frenare le sue intemperanze. Anche se egli assomiglia fisicamente a nostro padre, nei primi vent’anni di storie, l’autore mette molto di sé nel personaggio di Valentina. Poi, progressivamente, Valentina diventa sempre più autonoma anche dal suo autore e molte delle idee di nostro padre tornano a essere quelle di Phil Rembrandt, in una sorta di parabola discendente del personaggio che diventa quasi la personificazione dell’autore nelle storie. Un uomo che cerca di accettare e convivere con la sua vecchiaia/decadenza, diventando lo spettatore delle avventure di Valentina.  

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Qual è la parte dell’erotismo nei fumetti di Valentina ? È il soggetto principale o un’altra parte delle storie come fantascienza e fantastica ?

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La parte in cui si manifesta con più evidenza l’erotismo nei fumetti di Valentina è sicuramente la dimensione onirica. Nei sogni spesso Valentina è nuda, costretta a varie forme di punizione o sottomissione, in preda alle brame di mostri o torturatori, crudeli scheletriche istitutrici e sadiche ragazze. Anche nell’immaginazione Valentina si diverte a crearsi un mondo di costrizioni delle quali poi liberarsi nella normalità della sua realtà. Tutto una simbolica metafora del ribrezzo maturato dall’autore nei confronti di ogni tipo di coercizione, abuso di potere e limitazione della libertà soprattutto di espressione, che in Italia si era manifestata con il Fascismo, nella sua giovinezza.

L’erotismo non è mai l’argomento principale delle storie di Valentina, anzi spesso non è proprio un argomento, ma è una costante, percepita nell’aria, per così dire delle sue storie. Un erotismo sottile ed elegante come il tratto della china del pennino del suo autore, che si percepisce non tanto negli atti, spesso assenti, quanto nelle pause, nei sospiri, nei puntini di sospensione, nelle pose sinuose,non forzate, quasi da felini, delle donne,nei dettagli delle mani, negli sguardi, nelle parti del corpo interrotte dalla griglia della vignetta, che lasciano spazio solo all’immaginazione.
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Milano, la città della moda, è un vero personaggio nell’opera d’arte di vostro padre?

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Sì, effettivamente la si può considerare parte integrante della storia. E’ sempre presente, più che in modo esplicito ( non si vede mai, ad esempio, una vista della così riconoscibile Piazza del Duomo), la si riconosce dai dettagli e da un certo modo di essere. La targa di una via, il nome di un liceo, l’insegna di un negozio, di un locale o di una galleria d’arte. Il nome volutamente storpiato di una fermata della metropolitana o l’interno di un suo vagone. La sommità di un edificio noto dall’alto dei tetti, a volo d’uccello, la Torre Velasca o le guglie del Duomo. Valentina che butta uno specchio rotto nelle acque correnti del canale del Naviglio. La si riconosce anche da una certa borghesia intellettuale di sinistra e dalle sue abitudini. Ritrovarsi nei salotti a scambiare opinioni colte tra grafici, architetti, fotografi, pittori. Dai film che passavano nei cinema e dalle mostre nelle gallerie. Dall’attenzione per la moda ma anche per gli oggetti di design molto in voga nelle case milanesi.

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Durante il tuo tempo con vostro padre, Valentina era un membro della famiglia o è rimasta solo in officina ?

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Valentina è sempre stata un membro , seppur di fantasia, della nostra famiglia, cosa che ci ha fatto sempre vivere insieme in una dimensione un po’ surreale. Lei bidimensionale, in bianco e nero, fatta di carta e china e noi reali, colorati in carta d’ossa, ma spesso le nostre diverse consistenze si mescolavano e noi finivamo disegnati nelle tavole a fumetti e lei si impossessava delle nostre cose reali. Lei ero io da bambina ( Caterina ), era nostra madre da ragazza e donna adulta. Indossava i suoi vestiti scegliendoli dal suo stesso armadio. Guidava la nostra automobile e abitava in un appartamento identico al nostro. Aveva persino il nostro indirizzo e il nostro numero telefonico! Nostro padre ha sempre privilegiato la mise en scene negli interni delle case e quindi più volte ha disegnato Valentina e Rembrandt nel nostro appartamento e in vacanza, nella nostra casa di vacanza. Stesse porte, stesse maniglie, stessi oggetti di antiquariato mixati con arredi moderni in voga in quegli anni, stesse tappezzerie iperdecorate alle pareti. La spiegazione di tutto ciò è che nostro padre non aveva uno spazio di lavoro proprio fuori casa, ma il suo studio era una stanza all’interno della nostra casa. Lui era un viaggiatore « immobile » come lo scrittore Emilio Salgari e quindi tutte le sue ispirazioni venivano da quegli interni vissuti quotidianamente con la sua famiglia. L’abbiamo spesso definito un « amoroso vampiro » che succhiva linfa dalle nostre vite e dai nostri luoghi per rielaborare il tutto in una sua dimensione spesso fantastica. Come quando sulla « nostra » terrazza, Valentina riceve la straordinaria e misteriosa visita di un silenzioso uomo caduto dallo spazio.

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La tortura è una parte importante nelle storie di Valentina. Il dolore incontra il piacere. È un modo per riportare il lettore alla mente di Valentina ?

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La tortura, il sadismo, i rituali di sottomissione, e in generale le stravaganze erotiche sono frequenti nei sogni di Valentina ma la loro valenza è soprattutto cerebrale, simbolica, estetica. Nostro padre aveva letto e traeva innumerevoli spunti da L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud (1899) e voleva così rappresentare i desideri segreti di una donna che nella vita reale è molto libera e dominante mentre nelle sue fantasie erotiche sceglie di essere sottomessa e maltrattata. In un primo momento, il significato profondo di queste rappresentazioni non è stato capito soprattutto dalle donne che militavano nei movimenti femministi e che hanno accostato queste immaginazioni a un desiderio molto maschile e maschilista di donna oggetto. Poi, proprio coloro che erano state molto critiche, si sono accorte che queste fantasie coincidevano con quelle di tante donne che potevano scegliere di essere oggetto in un ambito molto privato dell’erotismo e che questo non era in contraddizione con il loro essere libere, disinibite e padrone del proprio corpo nella loro vita reale.

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Pensi che le nuove edizioni con colori e commenti diano più energia e ampiezza ?

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Penso sia qualcosa di altro rispetto all’intoccabile versione originale in bianco e nero: una nuova forma, una declinazione. La versione originale dall’indiscutibile eleganza del tratto perfetto e pulito in china nera su fondo bianco, è stata spesso ritenuta di lettura visiva molto complessa. L’horror vacui dell’autore unito alla sua originale disgregazione della classica strip con le vignette da leggere una dopo l’altra, corpi, figure, animali, oggetti, sfondi, senza l’aiuto del colore, hanno spesso creato nel lettore una straordinaria confusione. Queste tavole con grafiche attorcigliate, così ricche di dettagli come pizzi preziosi, lasciano l’osservatore, attonito, senza fiato, come in un vortice psichedelico. Penso che il colore evidenzi, metta in risalto, faccia venir fuori i personaggi da alcuni sfondi troppo elaborati come tappezzerie floreali. Credo quindi semplifichi la lettura , renda più riconoscibili i personaggi secondari e faccia vedere cose che il magnifico magma bianco e nero tende invece a nascondere, a mimetizzare. 

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Come Trotskisto, cosa pensava vostro padre della liberazione sessuale che si diffuse in Europa?

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Nostro padre è sempre stato contrario alla censura che, negli anni ’50 e ’60, era molto presente in un paese cattolico come l’Italia. L’impegno per la liberazione sessuale e il sostegno per le lotte del movimento femminista (per cui ha realizzato anche un manifesto con Valentina) è stato un leit motiv di tutta la sua carriera professionale. Salvo un ripensamento, negli ultimi anni della sua vita, quando si stupiva di aver potuto concepire storie forti come l’Histoire d’O o Justine da lui rappresentate in tutta la crudezza del testo originale. Le sue simpatie per il trotskismo, la rivoluzione permanente e la Quarta Internazionale, che negli anni ’70 lo avevano spinto a realizzare gratuitamente numerosi manifesti politici contro i partiti del centrodestra, la classe dirigente, la magistratura e la polizia, negli anni ’80 si erano raffreddate durante gli anni di piombo e il terrorismo. Come molti altri intellettuali, si era pentito di certe scelte e di essersi schierato a fianco di certi movimenti pericolosamente vicini al terrorismo, preferendo rifugiarsi nella lettura di testi teorici e nel personale.    

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Vostro padre ha fatto alcuni incredibili adattamenti orribili di Dracula, Frankenstein o Dottor Jekyll & Mr Hyde. In che modo Guido Crepax ha dato un po’ di originalità in questi capolavori letterari ?

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Fin da bambino nostro padre era appassionato di cinema horror che lo avevano ispirato nei suoi primi fumetti giovanili. A dodici anni aveva già realizzato tre album completamente disegnati e costruiti da lui dedicati ai film Dottor Jekyll e Mister Hyde (1941), L’Uomo invisibile (1933) e Il Vampiro di Murnau (1922). Sarebbe stato però solo nella prima metà degli anni ’80 e nel 2000, pochi anni prima di morire, che avrebbe realizzato le sue più belle versioni a fumetti di tre capolavori della letteratura horror: Lo strano caso del Dottor Jeckyll e Mister Hyde di Stevenson, Dracula di Stoker e Frankenstein di Mary Shelley. E’ normale che abbia voluto personalizzare ognuna di queste versioni a fumetti con scelte nella sceneggiatura legate al suo stile narrativo. Per quanto riguarda Stevenson, ha approfondito il tema delle perversioni di Mister Hyde cui lo scrittore accennava genericamente senza descriverle. Anche nel suo Conte Dracula la componente erotica e il fascino che il vampiro esercita soprattutto sui tre personaggi femminili sono particolarmente evidenti. In Frankenstein, invece, l’ultima storia che sia riuscito a completare quando era già malato di sclerosi multipla, il tratto essenziale e quasi evanescente, fa pensare a un recupero di ricordi infantili e rende molto bene la scelta narrativa di evidenziare particolarmente la sofferenza del “mostro”.    

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« Emmanuelle » è un altro brillante adattamento della storia originale?

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In realtà, nostro padre aveva trovato il soggetto di Emmanuelle (1959) molto più debole di quello dell’Histoire d’O. In particolar modo, quello del secondo libro, Emmanuelle l’Antivergine (1960). Per questo, la sua rivisitazione a fumetti si basa principalmente sull’aspetto puramente ludico ed estetico dell’erotismo. L’avventura di Emmanuelle si sviluppa, infatti, come un grande gioco il cui unico scopo è quello di divertire. Una specie di gioco dell’oca, con l’erotismo come protagonista e filo conduttore. Diversamente da Histoire d’O, dove il sesso ed erotismo si basano su una logica di possesso e dominazione, questa storia è caratterizzata da una sessualità esuberante, gioconda e imprevedibile che non obbedisce ad alcuna logica se non a quella del piacere.       

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I mostri simboleggiano il nazismo e il fascismo nel lavoro di vostro padre ?

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Si, come accade per molti altri autori cresciuti durante la guerra (nostro padre era nato nel 1933), il nazismo e il fascismo sono rappresentati spesso nelle sue storie sotto forma di mostri, uomini ridotti a scheletri e personaggi inquietanti (come i Sotterrane) animati da una volontà perversa di sopraffazione e dominazione sui più deboli. Ma non sono gli unici “mostri”. Nostro padre ha rappresentato spesso in maniera mostruosa e grottesca, i personaggi e le ideologie che riteneva violente, arcaiche, insane. Negli anni ’60 e ’70, il suo occhio critico ha spaziato su una visuale estesa a problematiche più globali, politiche e sociali. Successivamente ha fatto suo il pensiero critico e l’analisi di scrittori come Sade, Sacher Masoch, Swift, Stevenson, James e molti altri e i suoi “mostri” sono diventati soprattutto gli uomini violenti, brutali e prevaricatori. In generale, direi che è sempre stato in linea col titolo dell’opera di Francisco Goya “Il sonno della ragione genera mostri”, non a caso, da lui più volte citato.

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Dopo tutti questi anni, cosa ti sorprende ancora dell’arte di vostro padre ?

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Quello di scoprire ancora e ogni volta, all’interno delle singole vignette della storia, immagini o figuranti mai  osservati prima, invenzioni grafiche  e geometrie, non notate anche dopo anni di osservazione dei suoi disegni. Come se ci fossero tra i personaggi, fantasmi che si divertono ad apparire e scomparire. Sarà un altro dei suoi trucchi?

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